lunedì 5 gennaio 2009

Se la vittima diventa il boia...



Il fumo m’impedisce di vedere cosa succede, procedo a rilento tra la folla impazzita. L’odore di bruciato e arrosto mi guida tra vicoli irriconoscibili di Gaza. Nelle orecchie solo uno stridulo continuo che sovrasta gli altri suoni. Ogni tanto intravedo sagome di gente maldestra che corre disperatamente ma non si capisce dove.
Non capisco neanche io dove sto andando ne tanto meno cosa è successo.
L’ultimo ricordo è di mio fratello che gioca a palla con i suoi amici. Rachid è bravo a calcio, vorrebbe andare a giocare in Italia con Ronaldhino e Kaka ma la mamma dice che deve studiare perché il suo futuro, dice lei, deve essere lontano da qui; sogna per lui un futuro da medico magari in qualche ospedale privato americano o inglese, un posto sicuro, dice lei.
Io non ho mai capito cosa intenda per sicuro, forse un posto dove non c’è pericolo di bisticciare con qualcuno, di litigare, un posto bello in cui si possa stare in pace.
Rachid, ricordo, aveva dei pantaloncini blu chiaro che papà ha comprato per se stesso la scorsa settimana, dice per la primavera, quando farà caldo, ma papà non sa che li usa Rachid per giocare a pallone.
Avanzo lentamente tra la nebbia che puzza di fumo, con una mano cerco di coprirmi il volto con l’altra accarezzo un edificio; cerco di sorreggermi contro un muro.
Mi sono svegliata un po’ confusa, con un grosso mal di testa, mi sono svegliata distesa sulla strada, la stessa strada dove stavo giocando con le mie amiche e adesso non so più ne dove sono ne cosa sta succedendo.
Il cielo lentamente ritorna celeste, d’innanzi a me si apre uno spiraglio tra le tenebre, intravedo movimenti, sento rumori sempre più chiari e definiti ma ancora sconosciuti.
Un tuono!
Il cuore smette di battere per qualche secondo, poi ricomincia più forte… sempre più forte… e sale.. sembra quasi che mi stia battendo in gola.
Ho paura!
Vorrei urlare ma la mia bocca non emette suoni, come se fossi muta.
Guardo il cielo, è sempre nero. Poi non so come ma mi ritrovo nuovamente a terra. Adesso ho capito tutto!
Sotto le mie mani scorre del liquido caldo e rossastro… lo conosco, è sangue! Credo che sia mio ma non saprei dire con esattezza dove sia ferita in quanto sono completamente paralizzata. Il mio corpo non risponde più, sono immobile e non provo dolore.
Con la testa distesa sull’asfalto guardo di fronte a me… scorgo un ragazzo che mi viene in contro, sta piangendo, urla, credo sia qualcuno che mi conosce, mi chiama, credo, ma non posso rispondere, anche se vorrei. Avanza verso di me, non riesco a guardarlo in faccia ma lo riconosco dai pantaloncini blu. Finalmente ti ho trovato Rachid, portami a casa dalla mamma.

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