La neve scende piano.
Era da tanto tempo che non succedeva, intendo guardare a testa in su i fiocchi di neve scendere dolcemente sul tuo viso. Tanti anni fa mi sarei messo a rincorrere i fiocchi cercando di acchiapparli con le bocca. Tanti anni fa!
Guardo la macchina, ferma, immobile, impietrita. Neanche ho provato ad accenderla sia perché saprò già che non partirà, il gelo di sta notte avrà bloccato gli ingranaggi, sia perché in fondo ho voglia di camminare un po’ sotto la neve… farmi una bella passeggiata.
Sono le otto del mattino, faccio un breve calcolo, dovrei essere a lavoro tra mezz’ora, la strada e lunga, farla a piedi vorrebbe dire ritardare di sicuro e poi… beh… Nevica!
Penso a me, a come sono cambiato, a come è cambiato il mondo, i modi, le persone. Sono persuaso da un caldo senso di malinconia. Penso alla mia giovinezza, gli amici.
Ho quaranta anni, ma ne dimostro molti di più. Mio moglie dice che in fondo le numerose rughe che mi contornano gli occhi ed il viso mi rendono più maturo, affascinante dice lei… può darsi, a me non danno per niente fastidio anzi, ho imparato ad apprezzarle… col tempo.
M’incammino.
Su un muro vicino alla stazione c’è scritto “ duce” e poi una croce uncinata.
Rabbrividisco, non dal freddo ma dall’indignazione! Ripenso a mio nonno, vecchio e saggio. Ogni domenica mia mamma lo andava a prendere a casa per portarlo da noi a pranzo, ricordo ancora che ogni volta nonno Franco ci radunava tutti quanti vicino a lui e cominciava a raccontarci della guerra.
Lui era un partigiano, raccontava degli agguati ai carri tedeschi e alle bande fasciste. Poi, ogni tanto si fermava… una lunga pausa di silenzio che lasciava il tempo a noi di pensare. Una volta balenò nella mente di mio nonno il ricordo di un suo amico caro morto in un agguato fascista, lui si commosse… non pianse ma era evidente la sua malinconia e poi i suoi occhi erano grandi e lucidi, non disse niente, mi guardava, fisso negli occhi, ed io capii cosa voleva dirmi, cosa voleva trasmettermi. Lui aveva patito, sofferto, ucciso per necessità, aveva attraversato momenti bui della nostra storia, si era fatto carico di una grossa responsabilità, aveva messo in gioco la sua vita per liberare l’Italia dall’odio in cui era sprofondata.
Io in gioventù raccolsi il suo fucile.
Il collettivo antifascista poteva contare su una ventina di giovani volenterosi ed impavidi. Ogni giorno ci radunavamo nell’aula C della vecchia fabbrica “paluani”. Naturalmente era occupata, ma la nostra presenza non disturbava nessuno e noi non avevamo nessuna intenzione di mollarla. Volantinaggio, manifestazioni, picchettamenti… e sì.. alle volte ci scontravamo con i fascisti.
Ieri ero sotto la doccia. Pensavo e pensavo come mi capita molto in questo periodo. Pensavo ai fatti di Genova, di Atene, di Copenaghen, di Roma.
Cosa credono di fare? Dove vogliono arrivare? Chi sono? Perché lo fanno?
Inizialmente mi convinsi che erano le classiche proteste studentesche che esplodono ogni anno più o meno intense “Qualcosa tipo due mesi al massimo e poi finisce tutto!” dicevano i mie colleghi. Io non ero tanto sicuro, o per lo meno speravo che non fosse stato così.
Adesso ne sono convinto, la protesta potrà indebolirsi ma non smetterà mai. La crisi economica produce crisi sociale. I primi che se ne rendono conto e che alzano la testa sono i giovani, gli studenti e i lavoratori precari, e su di loro che questa crisi si farà più spietata.
Per un attimo mi sento tornare in dietro con gli anni, un foco caldo brucia ancora dentro di me ma anni di lavoro schiavizzato e ubbidienza anno indebolito questo fuoco che oramai è ridotto a fiammella.
Oggi, 12marzo 2010, cammino sotto la neve e giungo finalmente sotto la sede della mia redazione radiotelevisiva.
Macchine della polizia circondano il palazzo. Decido di entrare lo stesso nello stabile attraverso un uscita secondaria.
Salendo le scale sento in lontananza le voci di Carlo e Fabiana, beh! Niente di strano visto che sono i conduttori del telegiornale ma il problema è che a quest’ora non dovrebbe andare in onda, è troppo presto, deve essere successa qualcosa.
La televisione dello studio è accesa, Carlo si collega con l’inviata da Bologna. Edizione straordinaria dice, l’Italia è in subbuglio, guerra per strada!!!
Questa mattina durante un corteo spontaneo e non autorizzato degli studenti un poliziotto ha aperto il fuoco sulla folla causando la morte di tre attivisti.
In ogni città del paese giovani di tutte l’età stanno scendendo in piazza. Cassonetti date alle fiamme, macchine incendiate e ribaltate, barricate, fumogeni e feriti.
Il premier ha decretato lo stato di polizia, presto, avvisa, nuovi rinforzi militari arriveranno nelle città in rivolta. L’ordine è di sparare se necessario.
Intontito salgo le scale e arrivo nella sala registrazioni, il capo mi accoglie ma questa volta non c’è tempo per rimproverarmi, mi consegna le cuffie.
Sono sconvolto… guardo i mie colleghi, sono tutti pronti per il collegamento… la pubblicità sta per finire… l’inviata è stata avvisata… tra due secondi sarà in diretta.
Guardo il cronometro… uno… due… tre… siamo in onda!!!

Nessun commento:
Posta un commento